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Descrizione del libro

Giuseppe Culicchia tiene in serbo queste pagine da piÃ¹ di quarant'anni. PerchÃ© la morte di Walter Alasia, al cui nome Ã¨ legata la colonna milanese delle Brigate Rosse, Ã¨ una storia dolorosa che lo tocca molto da vicino: per il Paese Ã¨ un fatto pubblico, uno dei tanti episodi che negli anni di Piombo finivano tra i titoli dei quotidiani e dei notiziari televisivi; per lui e la sua famiglia Ã¨ una ferita che non guarirÃ mai. Walter Alasia, di anni venti, era figlio di due operai di Sesto San Giovanni. Giovanissimo aveva cominciato la sua militanza in Lotta Continua, ma poi era entrato nelle fila delle Brigate Rosse. Nella notte tra il 14 e il 15 dicembre 1976 la polizia fece un blitz a casa dei suoi genitori per arrestarlo. Lui aprÃ¬ il fuoco, e nel giro di pochi istanti persero la vita il maresciallo dell'antiterrorismo Sergio Bazzega e il vicequestore di Sesto San Giovanni Vittorio Padovani. Subito dopo tentÃ² di scappare, ma venne raggiunto dai proiettili della polizia. Giuseppe all'epoca ha undici anni e Walter Ã¨ suo cugino. Ma in realtÃ Ã¨ molto di piÃ¹: Ã¨ il fratello maggiore con cui non vede l'ora di passare le vacanze estive, che gli insegna a giocare a basket, che lo carica sul manubrio della bicicletta e disegna per lui i personaggi dei fumetti che ama. Ãˆ un ragazzo affettuoso, generoso, paziente, e agli occhi di Giuseppe incarna un esempio. In questo memoir asciutto e allo stesso tempo accorato Culicchia ricostruisce ciÃ² che da bambino sapeva di Walter, scavando nei propri ricordi alla ricerca dei germi di ciÃ² che sarebbe stato, e lo confronta con quello che crescendo ha appreso di lui dalla sua famiglia, ma anche dai giornali e dai libri di storia. E cosÃ¬ facendo racconta gli anni della lotta armata e del terrorismo da una prospettiva assolutamente unica. Non c'Ã¨ vittimismo, non c'Ã¨ retorica, c'Ã¨ il dolore di un bambino che a undici anni perde in una sola notte un affetto immenso e tutte le certezze che credeva di avere, unito alla luciditÃ di un grande scrittore che ha cercato per oltre quarant'anni la giusta distanza per raccontare questa storia.