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Principia ethica. Con la prefazione alla seconda edizione del 1922: In questo libro, considerato atto di nascita dell'etica analitica, Moore intende confutare sia il "naturalismo" di Herbert Spencer e John Stuart Mill sia l'etica "metafisica" di Francis Bradley e John McTaggart denunciando la fallacia naturalistica o metafisica consistente nell'identificare "buono" con proprietÃ quali "risultato dell'evoluzione", "produttivo di felicitÃ ", "conforme all'essenza delle cose". La domanda che chiede se ciÃ² che Ã¨ piÃ¹ evoluto o piacevole sia anche buono Ã¨ sempre una domanda "aperta"; pertanto "buono" Ã¨ una nozione semplice e indefinibile. Oltre alla definizione del termine "buono", l'etica comprende la domanda sul bene "quali cose sono buone", e la domanda sulla condotta "che dobbiamo fare". La risposta alla prima domanda Ã¨ che non si puÃ² dimostrare che certe cose sono buone ma solo chiedersi se qualcosa avrebbe valore anche se fosse l'unica cosa esistente. Questo metodo dell'"isolamento assoluto" concluderebbe che il "valore intrinseco" non Ã¨ posseduto dal piacere ma da "unitÃ organiche" di cui gli affetti e il godimento della bellezza sono gli esempi maggiori. La risposta alla domanda sulla condotta Ã¨ che non esistono norme assolute: il criterio che stabilisce l'azione giusta Ã¨ la produzione di conseguenze migliori. Il calcolo del valore intrinseco portato dalle conseguenze Ã¨ perÃ² irrealizzabile per via della complessitÃ e aleatorietÃ dei fattori coinvolti. L'"utilitarismo ideale" di Moore resta quindi un'indicazione di massima che non puÃ² tradursi in una guida effettiva per l'azione. I Principia divennero subito un libro di culto per i membri d