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Descrizione del libro

Grande saggista Gadda lo Ã¨ sempre stato: sin dal 1927, quando Ã¨ apparsa su Â«SolariaÂ» l'"Apologia manzoniana", magnifica lettura dei Promessi sposi (e del Â«barocco lombardoÂ», alla luce di Caravaggio) che rivela - come Ã¨ stato scritto - una Â«profonda connivenza sotto la scorza delle apparenti antinomieÂ». E a quotidiani e riviste Gadda ha poi continuato a collaborare, per soddisfare una passione vorace che si rivolgeva ai vient de paraÃ®tre (Paul Morand, Gianna Manzini, una nuova traduzione commentata del Faust, Bacchelli, Montale, Palazzeschi, Giorgio Pasquali) non meno che ai maestri venerati (Porta e Belli, oltre a Manzoni), alla questione della lingua, alla pittura e al teatro (De Chirico, De Pisis, Crivelli, ?echov, la "Mandragola" di Machiavelli), alla scienza e alle tecniche. Il problema Ã¨ che i suoi saggi brevi (o entretiens, come li definiva), frutto com'erano di un'accanita documentazione, di una tormentosa elaborazione, di un'ossessiva ricerca linguistica, non potevano che divergere Â«dalle linee piÃ¹ accreditateÂ». E gettare nel panico, con la loro esorbitante lunghezza e il loro fulgore 'barocco', i direttori dei quotidiani, restii a pubblicare pezzi destinati a chi non volesse ritrovarsi scodellate Â«le tre sole ideuzze che ha in testa, in una lingua da famiglia Brambilla a tÃ volaÂ». Â«Gadda ha la mano pesande, la mano pesandeÂ» pare dicesse Croce. E a Gadda, esulcerato e oppresso dalle strettezze, non restava che prendersela con Buzzati, star del Â«magno "Corriere"Â»: Â«Kafka Landolfi irrancidito ... e noioso, e inconcludente, e bischeroÂ». Quella Â«mano pesandeÂ» era in realtÃ avversione profonda per le Â«edificanti frottolazioniÂ» con cui si maschera la veritÃ , per la Â«lindura faraonizzataÂ» di una 'monolingua' vereconda e benpensante - ricerca dello Â«stile necessarioÂ», obbedienza alle sollecitazioni di una Â«gnosi propriaÂ».