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Gelo: Quando, nel 1963, l'editore Insel pubblicÃ², con il titolo di "Frost", il romanzo di un giovane autore austriaco esordiente, il mondo letterario rimase folgorato da una voce che non assomigliava a nessun'altra, quasi provenisse da un pianeta alieno. Una voce che, a dispetto dei numerosi epigoni, nulla ha perso della sua unicitÃ , e che oggi come allora subito travolge chi si avventura nelle prime pagine di "Gelo". Dove cupi presagi si manifestano a un tirocinante in medicina, diretto verso una remota regione di montagna: Â«Ho preso il primo treno, quello delle quattro e mezzo. Viaggiavo tra pareti di roccia. A sinistra e a destra tutto era neroÂ». Il giovane deve assolvere un incarico Â«assolutamente segretoÂ»: osservare con attenzione, e discrezione, i bizzarri comportamenti del fratello di un medico, il pittore Strauch, che dopo aver bruciato tutti i suoi quadri si Ã¨ da tempo ritirato in uno sperduto villaggio. La sua destinazione Ã¨ dunque Weng, Â«il paese piÃ¹ malinconico che io abbia mai vistoÂ», dove Â«tutto sembra calcolato per riuscire fataleÂ». E non meno inquietanti sono i suoi abitatori: dalla moglie dell'oste, Â«orribilmente ripugnanteÂ», allo scuoiatore che Â«fa anche il becchinoÂ», dal distillatore di grappa, Â«lungo e secco come un pezzo di legnoÂ», al gendarme, che non ha potuto studiare perchÃ© il padre temeva che Â«sarebbe rincretinitoÂ». Ma su tutti giganteggia, indimenticabile capostipite dei personaggi di Bernhard, il pittore Strauch, che giorno dopo giorno avvolgerÃ il giovane, e il lettore, nelle spire del suo folle, ipnotico, labirintico monologare.