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Nell’ultimo decennio, gli orientamenti di un legislatore molto più sensibile all’esigenza di prevenire slittamenti della data di avvio dei campionati di calcio che a quella di assicurare l’uniformità delle tradizionali categorie del nostro ordinamento hanno contribuito a rafforzare l’idea di una specificità del sistema sportivo talmente accentuata da giustificare la costruzione di strutture organizzative che, seppur plasmate sul modello del contratto associativo, presentano significative varianti rispetto allo schema causale del tipo negoziale in concreto utilizzato. L’impostazione del fenomeno sportivo in termini di assoluta autonomia è funzionale a consentire agli organi di autodisciplina del settore ampie potestà di autoregolamentazione che, spesso, sono del tutto sganciate dagli schemi deliberativi che caratterizzano i processi decisionali degli enti a struttura pluripersonale e danno luogo ad articolati apparati normativi che ricorrentemente si pongono in evidente contrasto con i principi generali dell’ordinamento statale. Questa costruzione, del tutto non idonea ad assicurare l’effettiva partecipazione dei soggetti a vario titolo operanti nell’ambito del sistema sportivo, richiede un sereno approfondimento che deve partire da un attento esame del sistema delle fonti. In questo contesto, con particolare riferimento alla normativa di secondo grado, occorre isolare gli interessi di volta in volta riguardati dalla regolamentazione del caso concreto per verificare se le conformazioni conseguenti alle regole di autodisciplina del settore sono finalizzate a perseguire interessi meritevoli di tutela per l’ordinamento generale. Gli approfondimenti sui modelli negoziali utilizzati nella prassi commerciale del sistema sportivo consentono di: a) ricostruire la natura dei modelli organizzativi su cui si regge il sistema e degli atti con cui i soggetti del settore entrano a far parte di questa complessa realtà (tesseramento ed affiliazione); b) delineare il travagliato percorso di “emancipazione” dell’impresa sportiva come operatore economico a tutti gli effetti e di mettere in luce tutta una serie di singolari limitazioni alla sua autonomia negoziale ed organizzativa; c) rilevare che la regolamentazione federale si attribuisce impropriamente la prerogativa di creare ipotesi di nullità dei contratti; d) dare atto che, in questi ambiti, vi sono risorse immateriali idonee ad essere qualificate come “nuovi” beni in senso giuridico ex art. 810 cod. civ. (marchio sportivo e diritti audiovisivi su eventi sportivi); e) verificare come si articola, in questo settore, il giudizio di meritevolezza ex art. 1322 c.c.L’AUTORE Giovanni Bruno, Professore associato di Diritto privato nell’Università di Roma Tor Vergata è autore di due monografie (Le lettere di patronage nel sistema dei rapporti economici, Napoli, 2004; Il principio democratico nell’organizzazione del fenomeno sportivo, Napoli, 2008) e di diverse pubblicazioni scientifiche.