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Il Mosè di Freud: L'uomo MosÃ¨ e la religione monoteistica (1939), l'ultima grande opera di Freud, ha sempre suscitato reazioni contrastanti, fino ad essere dipinta come un attacco malevolo alle fondamenta stesse dell'ebraismo. La storia Ã¨ nota: secondo Freud, il monoteismo fu un'invenzione egizia, che MosÃ¨, sacerdote o nobile egizio, cercÃ² di far rivivere mettendosi a capo di un popolo semitico. Quest'ultimo, non sopportandone il rigore, uccise il proprio "salvatore", ma mantenne la tradizione monoteistica; l'assassinio di MosÃ¨ fu rimosso, per poi riaffacciarsi sotto mentite spoglie con il cristianesimo. La ricostruzione freudiana, scandalosa per molti, Ã¨ stata oggetto di numerose interpretazioni. La piÃ¹ comune Ã¨ quella che vi vuole vedere un'autobiografia psicologica camuffata da studio storico-antropologico, espressione dell'ambivalenza di Freud nei confronti del suo essere ebreo; ed Ã¨ proprio questa visione ad essere contestata da Yerushalmi. L'uomo MosÃ¨ Ã¨ sopratutto un pubblico intervento su questioni di grande importanza, scritto in un momento drammatico, sotto l'ombra del nazismo. Ãˆ una storia psicoanalitica del popolo e della religione ebraica, un tentativo di scoprire come e quando gli ebrei siano diventati ciÃ² che sono. Al tempo stesso, questo fondamentale testo di Yerushalmi Ã¨ anche una biografia ebraica di Freud, dai primi anni della sua educazione, fino agli ultimi nei tempi drammatici della persecuzione.