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Descrizione del libro

Gli anni tra i Trenta e i Settanta dellâ€™Ottocento sono generalmente considerati una sorta, per la Danimarca, di Ã¢ge dâ€™or. Copenhagen, la capitale, area di singolare fortuna: la filosofia di SÃ¸ren Kierkegaard, le novelle di Hans Christian Andersen, la poesia di Adam Gottlob OehlenshlÃ¤ger, il teatro e la filosofia di Johan Ludvig Heiberg. Mathilde Fibiger (1830-1872) Ã¨ stata, fuori dubbio, per la sua intensitÃ anche teorica, la voce piÃ¹ significativa nel processo culturale di "costruzione" dellâ€™emancipazione delle donne in Danimarca, e, in piÃ¹ dâ€™un modo, pioniera, in area scandinava, della questione femminile. Nel "patrimonio genetico" dei suoi lavori vi sono riflessioni antropologiche, storiche e teologiche, ingredienti questi essenziali per lo sviluppo dâ€™una consapevole emancipazione, poi politica e giuridica nel contesto dei suoi anni.
Riflessioni che, di un passo antecedenti a quelle di scrittrici in contesti vicini, la norvegese Camilla Collett (1813-1895) e la svedese Fredrika Bremer (1801-1865), sorprendono per le loro singolari consonanze, e sicure differenze, con quelle milliane del The subjection of women. Tenace come una vergine guerriera dâ€™una saga nordica ma silenziosa come una farfalla, la Fibiger volÃ² via non prima dâ€™essersi posata sui teneri boccioli dellâ€™emancipazione femminile. Ad un secolo dalla scomparsa, le Red Stockings danesi volavano con le sue ali alla conquista di nuove libertÃ .